NUOVA MUSICA ALLA RADIO A CURA DI A. I. DE BENEDICTIS E V. RIZZARDI RAI ERI 2001

by Simone Broglia

Per chi non è di Milano o Torino sarà un po’ difficile comprendere cosa sia la rassegna che si svolge annualmente e che prende il nome di MITO. O meglio le difficoltà non saranno tanto nel capire cosa sia, quanto nell’avere un’idea reale delle attività che vi vengono svolte; nella sostanza MITO raggruppa tutte le iniziative culturali, in particolar modo musicali, e le mette sotto il proprio cappello. Niente polemiche, ci sono molti eventi gratuiti* e di questi tempi non è poco. Parliamo di MITO perché in occasione di quest’edizione 2008, nello storico Museo degli Strumenti Musicali del Castello Sforzesco d Milano, sono state spostate le apparecchiature che erano appartenute allo Studio di Fonologia della Rai di Milano. Per il sottoscritto, giovane ed appassionato lettore di libri come quello di cui parliamo, l’emozione provata nell’entrare in quella sala non è stata cosa da poco, in realtà però quelle trasportate non sono veramente gli storici nove oscillatori utilizzati nei primi anni da Berio e Maderna ma sono apparecchiature risalenti agli anni settanta. Delle prime purtroppo non si hanno più notizie.

Nonostante le apparecchiature, i famosi nove oscillatori, l’armadio dei filtri, il modulatore ad anello, siano andati persi, fortunatamente abbiamo diversi testi che ci raccontano la storia di quel periodo storico artistico così complesso. Un momento felice fatto di sperimentazione ed entusiasmo, come per ogni giovane attività che sboccia; testi che parlano di una Milano differente da quella attuale, impermeabile alle novità che non siano catalogate o predigerite o che non rientrino in un concetto ben determinato di novità che spesso porge il braccio e cede il passo a quello di moda. Senza mettere troppa nostalgia nel desiderio di una città differente possiamo passare ad affrontare il libro di cui vorremo parlare; Milano, infatti, oltre ad essere protagonista della sperimentazione musicale degli anni 50’ in Italia è la protagonista di uno dei primi esperimenti di Maderna e Berio con l’utilizzo dell’elettronica contenuto nel compact disc che accompagna il libro. Si chiama “Ritratto di città” il primo esperimento del nascente Studio di Fonologia della Rai e presenta l’incontro tra Berio, Maderna e l’estensore del testo che è Roberto Leydi. Come sottolinea la studiosa Angela Ida De Benedictis, quest’opera non è assolutamente da considerarsi come un antecedente estetico a quello che verrà poi in seguito dallo studio, ma come un primo passo fondamentale nel cominciare a misurarsi con apparecchiature nuove e nuove possibilità espressive date dalle tecnologie.

Il carattere specifico dello Studio di cui parla il primo saggio del libro, scritto da Decroupet, emergerà in seguito distanziandosi dalle altre due realtà europee che in quegli stessi anni svolgevano una intensa attività di ricerca: Parigi e il laboratorio di musica concreta di Shaeffer e Henry e Colonia e gli studi Stockhausen e Meyer Eppler. Se ai francesi è ovviamente attribuibile tutto il filone di una ricerca rivolta verso il timbro e la descrizione di un paesaggio sonoro attraverso la sua registrazione, allo studio di Colonia interessa decisamente di più il lato scientifico della creazione di suoni puri, la possibilità di utilizzare la registrazione come supporto di fissaggio degli oscillatori con i quali si compone.

La terza via è costituita, come emerge anche dal libro, dallo Studio di Fonologia: una strada fatta degli studi sul ritardo fatti da Berio in contatto con Ussachevsky, degli studi di Maderna in Germania e della competenza di alcuni tecnici del laboratorio come Marino Zuccheri. A questa figura il testo dedica a ragione diverse pagine per l’importanza che ha avuto il suo contributo tecnico nel funzionamento delle macchine.
Se dallo studio sono passati in molti, da Cage a Puosseur,da Stockhausen a Nono, il gruppo stabile di lavoro era costituito da Berio e Maderna con la collaborazione di diversi intellettuali che in quel periodo vi gravitavano attorno. Da questo humus e dalle cene di cucina armena a casa di Cathy Barberian, dove partecipano Eco, Berio, Leydi ed altri nasce il sodalizio che porterà a “Omaggio a Joyce”.

Quest’opera è significativa prima di tutto per lo Studio, perché concepita in quadrifonia laddove nello studio non si lavorava ancora sul parametro spaziale, secondo perché insieme a “Gesang der Jünglinge” di Stockhausen e “Scambi” di Pousseur fa parte di quel trittico di opere che ha tolto la musica elettronica dall’ambito del semplice utilizzo della macchina legata, ma soprattutto slegata come in “Ritratto di città”, al testo. Bello è il saggio di Nicola Scaldaferri proprio su “Omaggio a Joyce”, dove ripercorre la storia dell’opera, dal programma radiofonico, degli studi di linguistica intrapresi da Eco, arrivando a spiegare bene cosa volesse dire l’intreccio e la sovrapposizione con i nastri delle voci registrate al fine di creare l’effetto del canone. L’episodio in questione dell’Ulysses è quello detto delle Sirene dove molti ravvisavano all’interno del testo stesso joyciano la forma di fuga per canonem. L’operazione di Eco e Berio è quella di slegarsi dalla vecchia filologia, in sostanza Berio non ripropone per un testo così strutturato una musica scritta allo stesso modo, ma ricerca con nuovi mezzi la possibilità di avvicinarsi, forse in modo ancor più efficace, agli intenti del testo. Tramite la registrazione avviene allora la riscoperta sonora della parola, celata dalla scrittura, della possibilità di tradurre le onomatopee attraverso il suono della lingua. Thema (Omaggio a Joyce) costituisce l’utilizzo asemantico sistematico della parola che aprirà la strada al lavoro successivo di Berio, con il quale concluderà l’esperienza nello studio milanese, “Visage” dove l’unica parola a comparire è “parole”.

L’ultima parte del testo è dedicata ad una serie di interessanti interviste e colloqui con chi ha vissuto gli anni dello Studio di Fonologia tra i quali spicca quello con Marino Zuccheri.

“Nuova musica alla radio” è un libro interessante che ripercorre una periodo storico di importanza decisiva per la storia della musica contemporanea che merita di tornare alla luce con il maggiore approfondimento possibile.

* Ad esempio ho potuto vedere gratuitamente a Torino Mantra di Stockhausen.

Drexkode.net ver.2.0 2006 - Art by Gilly *Sephira* Majo